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Arrticolo
30 ottobre 2019 - Prima - Italia - Il Giornale |
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| Via libera per la Ocean Viking I profughi sbarcano a Pozzallo |
N uovi sbarchi in Italia guarda caso dopo le elezioni in Umbria, ma il vero braccio di ferro riguarda il tacito rinnovo del memorandum con la Libia, che scadrebbe il 2 novembre, sul sostegno alla Guardia costiera di Tripoli. I 104 migranti a bordo di Ocean Viking, la nave di Msf ed i 90 recuperati dalla Alan Kurdi possono sbarcare a Pozzallo, dopo che è stato raggiunto un accordo sul ricollocamento con Francia e Germania. Lo stesso Michael Fark, capomissione di Medici senza frontiere, ha stigmatizzato la solita latitanza europea: «Dispiace che solo tre Stati facciano parte di questa soluzione». Gioco facile per il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha accusato l\\\'esecutivo giallo rosso dell\\\'«ennesima calata di braghe, ennesimo favore a una Ong che incoraggia gli scafisti a continuare i loro traffici». I numeri parlano chiaro: dall\\\'inizio del mese sono sbarcati 1854 migranti rispetto ai 1007 dello stesso mese di un anno fa quando era in atto la politica dei porti chiusi di Salvini. A settembre sono arrivati in 2498 rispetto ai 947 dello stesso periodo nel 2018. Costanza Hermanin di Più Europa ha evidenziato che il governo si è svegliato solo ieri, dopo 11 giorni di attesa dei migranti in mare, timoroso di aprire i porti prima del voto umbro, che in ogni caso è stato disastroso. Nel frattempo sono stati tratte in salvo «15 persone, 6 uomini, 2 donne, 2 bambini e 5 minori» da Open arms, la nave dell\\\'omonima Ong spagnola, più volte sequestrata e lasciata andare. I talebani dell\\\'accoglienza di Sea watch sono riusciti a fare ridecollare l\\\'aeroplanino di ricognizione Moonbird, finanziato dalla chiesa evangelica tedesca, che in estate era rimasto fermo a Lampedusa bloccato dall\\\'Enac, l\\\'ente nazionale dell\\\'aviazione civile. Il ricognitore ha individuato il piccolo gommone, ma una nave cargo nelle vicinanze non sarebbe intervenuta secondo gli oltranzisti tedeschi. Il vero nodo sono gli accordi con la Libia sul contrasto all\\\'immigrazione clandestina voluti ancora dal ministro dell\\\'Interno, Marco Minniti del governo Gentiloni di centro sinistra. Il 2 novembre si rinnova tacitamente il memorandum italo-libico e le Ong hanno già cominciato a lanciare appelli espliciti al governo per interrompere il sostegno alla Guardia costiera libica, che dall\\\'inizio dell\\\'anno ha intercettato circa 7mila migranti riportandoli a terra. In una situazione sempre più precaria dettata dall\\\'assedio di Tripoli da parte di Khalifa Haftar. Ieri 600 migranti del centro di detenzione governativo di Abu Slim, minacciato da bombardamenti, sono stati lasciati andare nel caos. Non è un caso che l\\\'Arci abbia reso noto nelle ultime ore la traduzione di un nuovo decreto del governo Serraj emanato il 15 settembre. Secondo Tripoli «le Organizzazioni non governative che intendono svolgere attività di ricerca e soccorso nelle acque di competenza libica devono richiederne formalmente l\\\'autorizzazione». Le navi che non lo fanno «saranno sequestrate e condotte nel porto libico più vicino». I naufraghi salvati dalle Ong non sono costretti a tornare in Libia, ma le navi umanitarie non devono «bloccare le operazioni di ricerca e salvataggio» della guardia costiera locale. Il personale libico «è autorizzato a salire a bordo» delle navi delle Ong «ad ogni richiesta e per tutto il tempo valutato necessario, per motivi legali e di sicurezza». Il decreto sta scatenando un putiferio mentre il ministro dell\\\'Interno tedesco, Horst Seehofer, ha denunciato che «il regolamento di Dublino è fallito». E spiegato che in futuro «la ripartizione dei migranti» verrà decisa con una procedura «alle frontiere esterne della Ue». |
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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo
"Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti.
Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”.
Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".
Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc.
La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos.
Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra.
Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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