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07 dicembre 2019 - Prima - Italia - Il Giornale
Dalle Ong all’Anpi alle star: ecco chi c’è dietro le sardine
T utti pazzi per le sardine, il movimento che va tanto di moda.Per non parlare dell\\\\\\\\\\\\\\\'asse sardine-Ong, che è passato in secondo piano. Il 3 dicembre, in occasione della manifestazione a Milano del giorno prima, i talebani dell\\\\\\\\\\\\\\\'accoglienza di Sea watch Italy hanno scritto: «Ieri a Milano c\\\\\\\\\\\\\\\'era il mare. Grazie» e accanto un cuore rosso. Sotto era postato il video di piazza del Duomo a Milano gremita di sardine fatto girare dalla Rete Italiana Antifascista. E il seguente proclama: «Milano non si lega. Sulle note di Bella ciao. La dedichiamo a () @CaroRackete @SeaWatchItaly e a tutti quelli che credono nei valori della Costituzione e dell\\\\\\\\\\\\\\\'antifascismo». Magari un po\\\\\\\\\\\\\\\' meno nelle leggi come la capitana Rackete che non ha esitato a sfidare il divieto a entrare in un porto e schiacciato una motovedetta della Guardia di Finanza pur di sbarcare i migranti recuperati al largo della Libia.
Non è un caso che l\\\\\\\\\\\\\\\' «eroina» tedesca, sempre indagata per favoreggiamento dell\\\\\\\\\\\\\\\'immigrazione clandestina e le sue spericolate manovre, ha appoggiato pubblicamente le sardine. Il 30 novembre la capitana coraggiosa commentava su Twitter il filmato della manifestazione di Firenze inviando un cuoricino viola a chi «si sta organizzando contro l\\\\\\\\\\\\\\\'estrema destra e si oppone alla loro ideologia».
Francesca Totolo ha scoperto che fra gli organizzatori delle sardine di Milano spicca Fabio Cavallo, «un attivista della Rete nazionale antifascista». Lo scorso giugno «ha aperto una raccolta fondi a favore della speronatrice Carola Rackete e della Ong Sea Watch, che ha raggiunto quasi 300mila euro».
I primi sostenitori delle sardine sono i partigiani dell\\\\\\\\\\\\\\\'Anpi. Carla Nespolo, presidente nazionale, ha annunciato che l\\\\\\\\\\\\\\\'associazione parteciperà alla manifestazione nazionale delle sardine il 14 dicembre a Roma. «Si tratta di un movimento fortemente popolare con una dichiarata passione democratica e costituzionale. Ne condividiamo la natura antiautoritaria, il ripudio dell\\\\\\\\\\\\\\\'odio e di ogni linguaggio offensivo, la spontanea vocazione antifascista che si manifesta anche nel frequente canto di Bella ciao», ha dichiarato la presidente dell\\\\\\\\\\\\\\\'Anpi.
Mario Monti e Romano Prodi sono due ex presidenti del Consiglio, un po\\\\\\\\\\\\\\\' decotti, che appoggiano le sardine. Ieri il fondatore dell\\\\\\\\\\\\\\\'Ulivo ha dichiarato: «Mi piace molto il modo in cui le sardine si esprimono, ragionando sui problemi senza attacchi violenti. Rappresentano un formidabile passo avanti».
Fra i sostenitori dello spettacolo il più aggressivo è Liam Cunningham, attore del Trono di spade, che ha condiviso un video delle sardine a Modena. Il commento in inglese non lascia dubbi: «Incredibile. Migliaia di antifascisti () in Italia, che cantano l\\\\\\\\\\\\\\\'inno dei partigiani Bella ciao» scritto in italiano. A chi osava opporsi criticandolo ha risposto a muso duro: «Tu ritwitti Salvini. Vai a farti fottere».
Francesco Guccini prima lo definisce il movimento dei Boy scout e poi si dice pronto a dare il suo contributo, se richiesto. La cantautrice americana, Patti Smith, a 72 anni è salita mercoledì sul palco di Ravenna con una sardina di cartone cucita sulla giacca.
In piazza Duomo a Milano con le sardine c\\\\\\\\\\\\\\\'era ovviamente Roberto Saviano e a Ferrara ha sfilato Ilaria Cucchi. Il vignettista Vauro Senesi è un altro fan. Gad Lerner cinguetta chiedendosi «chissà che la gente non stia cominciando a distinguere tra #Sardine e Squali» in riferimento al leader della Lega, Matteo Salvini. Lilli Gruber è scoppiata in un «bravo» in diretta rivolto a Mattia Santori, uno dei fondatori del movimento. pubblicato l\'8 dicembre

L\'errore su De Niro

e l\'endorsement

alle sardine

In tanti vanno pazzi per le sardine, ma non Robert De Niro come ho scritto sul «Giornale» di ieri. Il suo endorsement attraverso un tweet era infondato e lanciato da un profilo non ufficiale. Mi scuso con i lettori e l\'attore, anche se non escludo che a De Niro non dispiacciano le sardine tenendo conto delle sue posizioni politiche.

Le Ong talebane dell\'accoglienza, la capitana Carola, l\'Anpi e altre star dello spettacolo citati nell\'articolo sono tutti confermati.

Fausto Biloslavo


[continua]

video
30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
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Giornalismo di guerra e altro.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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