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29 gennaio 2020 - Prima - Italia - Il Giornale
Urne chiuse, porti aperti In arrivo 600 migranti E Salvini denuncia Conte
Urne chiuse e porti aperti con l\\\\\\\'arrivo di oltre 600 migranti a bordo di due navi delle Ong, che hanno gioco facile grazie al governo Conte II. Solo questo mese, se calcoliamo quelli che sbarcheranno a breve, arrivano 1511 migranti, quasi dieci volte di più rispetto a gennaio 2019 con il governo giallo verde, ma lo stesso premier. Da settembre sono sbarcati fino ieri 7206 migranti, oltre il doppio rispetto allo stesso periodo dell\\\\\\\'anno prima.
Non solo: almeno due soccorsi di Msf negli ultimi giorni con la nave Ocean Viking, per un totale di 154 migranti, sono avvenuti in acque di competenza maltese. Però tutti, per un totale di 402, sbarcheranno a Taranto. Per questo motivo il Viminale ha convinto Malta a prendersi almeno i 77 migranti dell\\\\\\\'Alan Kurdi, terza nave delle Ong davanti alla Libia.
L\\\\\\\'ultimo recupero è avvenuto ieri mattina con 102 migranti imbarcati sulla nave spagnola Open arms. Si aggiungono a quelli già a bordo per un totale di 237 persone. L\\\\\\\'unità dell\\\\\\\'omonima Ong oramai attracca solo in porti italiani o al massimo a Malta. Se tornasse in Spagna, dove è registrata, rischia multe che sfiorano il milione di euro per avere continuato a svolgere operazioni di soccorso nonostante il divieto delle autorità marittime.
Medici senza frontiere, più strutturati con Ocean Viking, fanno i furbetti: su cinque operazioni in mare, due per 154 migranti sono avvenute in acque maltesi, ma verranno fatti sbarcare in Italia.
L\\\\\\\' impunità «umanitaria» viene confermata anche dal lassismo giudiziario. Ieri la procura di Agrigento ha chiesto l\\\\\\\'archiviazione per l\\\\\\\'estremista no global Luca Casarini e il comandante Pietro Marrone della nave Mare Jonio accusati di favoreggiamento dell\\\\\\\'immigrazione clandestina e di avere disobbedito all\\\\\\\'ordine di una nave militare. Una motovedetta della Guardia di Finanza aveva intimato di fermarsi all\\\\\\\'imbarcazione carica di migranti in gran parte provenienti da paesi dell\\\\\\\'Africa occidentale non in guerra. Marrone ha tirato dritto fregandosene dell\\\\\\\'ordine emesso dall\\\\\\\'allora ministro dell\\\\\\\'Interno, Matteo Salvini, grazie al primo decreto sicurezza. Adesso deciderà il giudice delle indagini preliminari, ma la richiesta di archiviazione ha permesso alla portavoce dei talebani dell\\\\\\\'accoglienza, Alessandra Sciurba, di cantare vittoria rivendicando con orgoglio che «era stata la prima volta in cui una nave della società civile entrava in porto seguendo il diritto e non avendo paura delle minacce». Nel loro mondo alla rovescia le forze dell\\\\\\\'ordine minacciano e le Ong possono fare quello che vogliono fregandosene delle leggi.
Salvini ha colto la palla al balzo degli ultimi arrivi per un annuncio ad effetto: «Quattro giorni per concedere il porto sicuro ad una Ong (Msf della nave Ocean Viking nda). Li denuncio (il governo nda) per sequestro di persona. Io ho bloccato una nave militare con 131 immigranti, se siamo in un Paese in cui la legge vale per tutti, allora ci troveremo in tribunale con il signor Conte e la signora Lamorgese (il ministro dell\\\\\\\'Interno nda), e vedremo se la legge è uguale per tutti». Il 17 febbraio il Senato voterà se mandare a processo Salvini per il presunto sequestro dei migranti a bordo di nave Gregoretti. Nel frattempo il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, annuncia un\\\\\\\'inversione a U: «Nei decreti di Salvini non ci sono solo questioni che riguardano i migranti, ma anche altre misure che non hanno prodotto risultati. Vogliamo fare un salto di qualità nel garantire la sicurezza e non tornare indietro».
[continua]

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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