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Articolo
23 marzo 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Un battaglione carico di aiuti da Mosca 9 aerei e 160 medici
austo Biloslavo
Arrivano i russi, in forze, per combattere il virus in Lombardia, la regione più flagellata dal nemico invisibile. Nove aerei cargo Ilyushin, 160 fra medici e specialisti, mezzi e tonnellate di materiale. Una missione anti virus guidata da un generale di corpo d\'armata. Il manipolo di medici cinesi arrivati con un solo aereo sparisce di fronte all\'operazione russa. «È un aiuto consistente, che serve ai russi anche per studiare il virus e prepararsi a un\'eventuale emergenza a casa loro» spiega una fonte militare del Giornale. L\'intervento è stato concordato fra il premier Giuseppe Conte e il presidente russo, Vladimir Putin.
Ieri sono partiti dalla base militare di Chkalovsky, vicino a Mosca, i bestioni da trasporto Ilyushin 76, uno ogni ora, per Pratica di Mare alle porte di Roma. Le forze aerospaziali russe hanno mobilitato otto brigate mobili di medici militari, veicoli speciali per la disinfezione e altre attrezzature mediche. I mezzi speciali e gli aerei avevano tutti il simbolo della missione: due cuori con i colori della bandiera della Federazione e dell\'Italia e la frase «dalla Russia con amore», che ricorda pure il film di 007. Le foto della Difesa russa mostrano le colonne di mezzi che si imbarcano nel ventre degli aerei cargo seguiti dalle file di medici in mimetica.
I russi stanno portando in Italia 100 ventilatori per le terapie intensive, 200mila mascherine, 1000 tute protettive, tre veicoli per la disinfezione e soprattutto apparecchiature per le analisi della positività al virus. Due macchine che possono processare 100 tamponi in un paio d\'ore, un migliaio di tamponi veloci (2 ore) e 100mila tamponi normali. Esercito ed aeronautica militare garantiranno, alloggio, trasporto e carburante per i russi. La spedizione verrà inviata da Pratica di Mare sul fronte lombardo in parte in elicottero e con una colonna terrestre. Il primo impiego dei russi sarà a Sondalo. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha accolto la spedizione medica militare da Mosca all\'arrivo in Italia.
Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, aveva chiarito i dettagli dell\'operazione con il suo omologo russo Serghei Shoigu. Per poi dichiarare: «L\'Italia non è sola in questa sfida. Voglio ringraziare la Russia per gli aiuti che sta fornendo al nostro Paese nel superare questa emergenza». Curioso per un paese che fa parte della Nato, ma l\'Alleanza atlantica ha fatto ben poco. Anzi il Soc, Centro operativo sud con base a Taranto, ha inviato, come conferma lo stato maggiore della Difesa «tende di varie dimensioni, gruppi elettrogeni, bagni e docce campali» in Lussemburgo su richiesta del piccolo Stato.
L\'obiettivo è montare un ospedale da campo, che servirebbe anche in Italia, in un Paese che ha solo 670 contagiati e 8 morti. Forse la Difesa non ha chiesto aiuto alla Nato, ma pure Zio Sam non si è sprecato molto. Ieri, per rincorrere i russi, un solo aereo di trasporto C-130J Super Hercules è partito dalla base americana di Ramstein, in Germania, atterrando ad Aviano. L\'ambasciata Usa spiega che «ha trasportato un sistema mobile di stabilizzazione dei pazienti» con 10 posti letto, che può supportare un totale di 40 pazienti per un periodo di 24 ore. In pratica due tende con dotazioni mediche per una settimana, che verranno consegnate alla Difesa. Poca roba rispetto ai russi, che hanno messo in piedi una grossa operazione contro il virus. In Lombardia sono arrivati anche 37 medici e 15 infermieri cubani trasportati da un volo speciale Alitalia da L\'Avana a Malpensa. Esperti della lotta ad Ebola verranno impiegati a Crema. E dal 26 marzo atterrerà a Roma un Boeing cargo della nostra compagnia di bandiera proveniente da Shangai per trasportare ad ogni volo 160 metri cubi di forniture medicali comprese 3 milioni di mascherine.
[continua]

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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