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06 maggio 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Il virus ferma il flusso: sbarchi continui In una settimana 500 arrivi da Nord a Sud
Fausto Biloslavo
Anche i migranti hanno la loro fase 2, dopo lo stop provocato dal virus. A Trieste, capolinea della rotta balcanica sul «fronte» terrestre, sono ripresi gli arrivi con circa 250 clandestini rintracciati nell\'ultima settimana. E pure gli sbarchi, sul «fronte» del mare registrano un\'impennata che sta facendo scoppiare Lampedusa. Fra lunedì sera e ieri mattina sono arrivati sull\'isola 136 migranti con tre diversi barconi. Nei primi due c\'erano anche 57 donne, 4 incinte e 6 bimbi. Dallo scorso fine settimana, grazie alla ripresa delle partenze non solo dalla Libia, ma pure dalla Tunisia sono sbarcati 254 migranti. In gran parte tunisini, ma provengono anche dal Mali, Guinea, Costa d\'Avorio e Camerun. A decine erano bloccati ieri sulla banchina di Lampedusa sotto la tenda della protezione civile. L\'hotspot è pieno con i precedenti arrivi in quarantena e pure la parrocchia. Il Viminale ha cominciato a organizzare i trasferimenti sulla terraferma, ma il livello è di guardia. «Con l\'arrivo della stagione estiva è molto probabile che i numeri centuplichino nella sostanziale inerzia del sindaco Martello e del governo nazionale» protesta con una nota il coordinatore di Forza Italia, Rosario Costanza.
Il primo cittadino ha chiesto al Viminale «l\'immediato intervento di una nave-quarantena nei pressi dell\'isola» e ammette che «Lampedusa è in uno stato di emergenza grave». Martello si domanda «perché sia stata messa una nave quarantena davanti al porto di Palermo e non a Lampedusa dove i migranti arrivano».
L\'aspetto paradossale è che secondo il portavoce per le Migrazioni della Commissione Europea, Adalbert Jahnz, «non abbiamo ancora ricevuto una richiesta dall\'Italia di coordinare il ricollocamento» per i migranti sbarcati in Italia lo scorso mese dalle navi delle Ong. In aprile sono arrivati in 671 rispetto ai 255 dell\'anno precedente con il Conte 1.
E a 23 miglia da Lampedusa, il mercantile Marina attende un porto dove far sbarcare 78 migranti soccorsi su ordine di Malta nella acque di ricerca e soccorso de La Valetta. Però il solito Alarm phone, centralino dei migranti, accusa pure l\'Italia del mancato sbarco.
Anche il fronte terrestre della rotta balcanica è ripartito da fine aprile. In una settimana sono stati rintracciati solo nella zona di Trieste circa 250 migranti. Nelle ultime 24-48 la polizia di frontiera ne ha fermati 68, tutti uomini in gran parte pachistani, ma pure afghani e indiani. «I rintracci sono ben inferiori agli arrivi reali di chi si dilegua verso altri lidi. C\'è stato un tappo determinato dal virus in marzo e aprile, ma negli ultimi giorni il flusso è ripreso in maniera preoccupante» spiega al Giornale, Lorenzo Tamaro segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia. «Con l\'avvicinarsi dell\'estate si preannuncia una stagione molto calda. Cosa succederà se gli arrivi continueranno a questo ritmo? - si chiede Tamaro - L\'incremento di militari con l\'operazione Strade Sicure è certamente un aiuto, ma non può bastare. Serve personale della Polizia di Frontiera, attualmente sottorganico di 20 unità». E per tappare i buchi vengono mobilitati agenti dai commissariati o da altri incarichi. Tamaro denuncia che «non abbiamo nemmeno un furgone attrezzato con un divisorio tra il personale e i rintracciati per garantire la sicurezza sanitaria». I migranti in arrivo dalla Bosnia devono stare in quarantena nei centri di accoglienza, ma se la fase 2 della rotta balcanica continua finiranno a breve intasati come a Lampedusa.
[continua]

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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