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Intervista esclusiva
18 agosto 2021 - Il fatto - Afghanistan - Il Giornale
“Ho aiutato le bimbe afghane Ora vogliono uccidermi”
Fausto Biloslavo
Matteo Carnelietto
«Sono vicini, a due passi da dove mi nascondo e stanno cercando casa per casa. Ho paura, ma vi mando una foto» è il coraggioso messaggio di un\'eroina afghana, che sta scappando dall\'Emirato talebano. L\'immagine mostra un gruppo di armati che si prepara a rastrellare la zona. Non possiamo fare il suo nome e ancora meno rivelare dove si trova, ma pubblichiamo le sue parole, che rappresentano il grido di dolore di tutte le donne afghane che non vogliono tornare al Medioevo islamico. In attesa di evacuazione spera di riuscire a mettersi in salvo, ma scappare dall\'Afghanistan è un\'impresa, nonostante il ponte aereo che si sta rimettendo lentamente in moto dall\'aeroporto di Kabul.
I talebani hanno annunciato che vogliono le donne nel governo e che potranno continuare a studiare indossando il velo e non il burqa. Ci crede?
«Hanno appena ucciso una donna a Kandahar perché era da sola e sono gli stessi che continuano ad appoggiare Al Qaida. Se rispettano le donne, perché entrano nelle case con una lista nera di attiviste che si battono per i diritti femminili? Sono bravi ad avere imparato come presentarsi in pubblico con la faccia buona, ma ne hanno due o tre diverse».
Come sta?
«Sono depressa, senza speranza e confusa. Non so cosa mi accadrà tra poche ore. Devo nascondermi perché sanno che sono ancora in Afghanistan. Controllano se risulto connessa su whatsapp. Non posso spegnerlo altrimenti rimango tagliata fuori dal mondo e da chi mi vuole aiutare».
Perché la cercano?
«Sono impegnata in un\'associazione che si batte per i diritti delle donne e per proteggerle da ogni forma di violenza. Avevo già iniziato con il primo regime talebano a difendere le ragazzine cercando di istruirle perché allora l\'insegnamento era bandito. A Herat sono stata in stretto contatto con gli italiani e anche con le vostre soldatesse. Abbiamo sviluppato tanti programmi a favore delle afghane».
Gli italiani si impegnavano in questo campo?
«La questione femminile era in cima alla lista degli interventi. Ora tutto questo scomparirà. Fin dall\'inizio non credevamo negli accordi di pace di Dna (con gli insorti, nda). Abbiamo visto cosa è accaduto, ma tanti non accettano la legittimazione dei talebani».
Ha paura del nuovo Emirato?
«I talebani sono diventati più forti. Abbandonare l\'Afghanistan è stato un crimine. Quelli che hanno collaborato con le truppe occidentali rischiano la testa. Si vive nell\'incertezza, senza sapere cosa ti capiterà tra un\'ora».
Secondo lei come si è arrivati a questo punto?
«Capisco che i paesi europei non potevano opporsi alla volontà americana o assumersi il peso di questa guerra sulle loro spalle. Ora, però, la mia vita è in pericolo, come quella dello staff che lavorava per l\'associazione, e migliaia di ragazze saranno vittime di violenze. Non abbiamo più alcun posto sicuro dove vivere».
I talebani la vogliono arrestare?
«Hanno perquisito casa mia cercandomi come fossi una criminale. Per sei ore hanno preso in ostaggio un parente per scoprire dove mi trovassi. Dicono che i talebani sono cambiati, ma non è vero».
Si sente tradita dall\'Occidente?
«La mia famiglia mi chiede: dove sono i tuoi amici? Qualcuno è venuto a salvarti?».
Non è in lista per l\'evacuazione?
«Tutti dicono di sì, ma non so ancora nulla di preciso. Nessuno mi ha più contattato. Per fortuna sono scappata per evitare di venire arrestata».
Vuole lanciare un appello?
«Aiutatemi a mettermi in salvo. Vorrei venire in Italia non per chiedere asilo, ma per continuare a lavorare per le donne che rimangono in Afghanistan. Il mio obiettivo è battermi per la difesa dei diritti umani. Continuerò a farlo se avrò un visto per uscire dall\'Afghanistan. Non voglio soldi, solo protezione, aiuto per lasciare il paese. I talebani possono arrivare da un momento all\'altro alla mia porta. Se verrò uccisa sarà una grande vergogna per tutti».
[continua]

video
04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.

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17 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Aperto La caccia ai terroristi Kunduz circondata
Aperto La caccia ai terroristi Kunduz circondata

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16 aprile 2010 | SkyTG24 | reportage
Luci e ombre su Emergency in prima linea
Per la prima volta collegamento in diretta dal mio studio a Trieste. Gli altri ospiti sono: Luca Caracciolo di Limes, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica e l'ex generale Mauro Del Vecchio. In collegamento Maso Notarianni, direttore di Peacereporter

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[altri video]
radio

12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/5
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani il ruolo delle truppe straniere ed i rapporti con la popolazione. Sulla strada da Bagram, la più grande base degli americani, e Kabul sono appostati "gli avvoltoi". Banditi che si spacciano per poliziotti militari e ti derubano lasciandoti in mutande

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28 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Torno a casa dopo un mese in trincea
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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11 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ A caccia dei razzi talebani
A caccia di mortai e razzi talebani che colpivano Tobruk, la base più avanzata dei paracadutisti italiani nella famigerata provincia di Farah. E’ questa la missione del 2° plotone Jolly guidato dal maresciallo Cristiano Nicolini, 35 anni, di Ancona. Si esce di notte con i visori notturni montati sull’elmetto che fanno sembrare il paesaggio afghano ancora più lunare di quello che è, con una tinta verdognola. Si va verso Shewan la roccaforte dei talebani, dove gli inosrti hanno scavato tunnel e cunicoli che collegano le case, le postazioni trincerate e spuntano a 300 metri dall’abitato in campo aperto. Come i vietcong. Un reticolo mortale per i parà che da queste parti hanno combattuto battaglie durissime. “Negli ultimi due mesi le trappole esplosive e le imbosctae sono aumentate fortmente, in vista delle elezioni” spiega il maresciallo Nicolini. Per il voto del 20 agosto che eleggerà il nuovo presidente afghano sono previsti 1089 seggi elettorali nel settore ovest del paese controllato dagli italiani. Almeno il 15% è a rischio. I seggi vengono ricavati in scuole e moschee ed i parà li hanno ispezionati tutti nell’ostica provincia di Farah. In alcuni casi neppure esistevano, in un villaggio gli afghani non avevano idea che ci fossero le elezioni e da altre parti non hanno trovato anima disposta a parlare del voto. La maggioranza dei seggi, però, sarà aperta con l’aiuto della Folgore. Fausto Biloslavo da base Tobruk, Afghanistan occidentale per Radio 24 Il Sole 24 ore

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23 agosto 2008 | Radio24 | intervento
Afghanistan
Strage di civili
Afghanistan, un'estate in trincea.

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20 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Alle urne fra minacce talebane e presunti brogli
Si parte all’alba da base Tobruk, con i paracadutisti della Folgore, per garantire la sicurezza delle elezioni presidenziali in Afghanistan nella turbolenta provincia di Farah. Nel distretto di Bala Baluk, infestato dai talebani, sono aperti 5 seggi su 30. I parà della 6° compagnia Grifi, dislocati nei punti nevralgici, sono pronti ad intervenire per difendere le urne. Gli insorti hanno proclamato una specie di coprifuoco contro le elezioni “degli infedeli che occupano il paese”. Chi va ai seggi a queste parti rischia la pelle ancora prima di arrivarci. Con dei volantini affissi nelle moschee l’emirato talebano ha minacciato “di piazzare mine sulle strade principali”. I terroristi suicidi si sono inventati nuove tattiche come spiega prima di partire il tenente dei paracadutisti Alessandro Capone. L’elezione del nuovo presidente afghano e dei consigli provinciali nelle zone a rischio come questa di Bala Baluk è un terno al lotto. Nell'umile e polveroso villaggio di Sharak, le 40 famiglie che ci abitano avevano ricevuto solo 8 certificati elettorali. "E' passato il comandante Zabid Jalil e gli abbiamo consegnato le schede. Ha detto che ci pensa lui a scegliere il presidente. Meglio così: se i talebani le trovavano ci avrebbero ammazzato" racconta haji Nabu, il capo villaggio. Jalil è il boss della tribù e ha pure i gradi di generale della polizia. Un esempio di "democrazia" all'afghana.

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