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Reportage
11 settembre 2021 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
American Caporetto Il film dei 20 anni dell’inferno di Kabul
Fausto Biloslavo
“Lunga vita alla democrazia” urla una donna di Kabul, che protesta in piazza contro il ritorno al passato del nuovo Emirato islamico. La coraggiosa manifestazione è stata dispersa dalle fucilate dei talebani. Vent’anni dopo l’11 settembre in Afghanistan siamo tornati alla casella di partenza, come un tragico gioco dell’oca. Nel 2001 agli americani non bastava liberare Kabul dai talebani del primo Emirato, ma volevano esportare la democrazia come se fosse un televisore o un frigorifero che funziona se lo attacchi alla corrente. Il risultato è che 20 anni dopo sono tornati al potere i talebani, facilitati da un frettoloso ritiro e dalla smobilitazione  dello Zio Sam, stufo dell’Afghanistan, che ha trasformato “Kabul addio” in un disastro. Una Caporetto con nessun Piave all’orizzonte per ribaltare la situazione.
Il primo a prevedere l’11 settembre fu il leggendario Ahmad Shah Massoud che aveva combattuto tutto la vita contro i sovietici ed i talebani del primo Emirato islamico. “Al Qaida ha le sue basi in Afghanistan. I terroristi arriveranno nelle vostre città” mi diceva in un’intervista nel 1998  il leggendario “leone del Panjsher”. Non ha fatto in tempo a vedere l’attacco alle Torri gemelle. Due jihadisti di Al Qaida camuffati da giornalisti l’hanno fatto saltare in aria il 9 settembre per far fuori una spina nel fianco. Massoud è la prima vittima dell’attacco all’America. Suo figlio Ahmad ha raccolto il testimone del padre cercando di guidare la resistenza alla travolgente avanzata dei nuovi talebani, ma il Panjsher, la valle invitta, è stata sconfitta con l’aiuto dei droni pachistani. A parte gli ultimi combattenti che non demordono nascosti nelle grotte o nelle gole dell’Hindu Kush. Come ai tempi dell’invasione sovietica di Budapest, “l’Occidente è rimasto a guardare sull’orlo della fossa seduto” abbandonando l’erede di Massoud.
I soldati italiani hanno versato sangue e sudore in Afghanistan con 54 caduti e 730 feriti compresi 150 gravissimi. Nei momenti delle battaglie più dure del 2008 il sergente della Folgore, Stefano Taggiasco, non aveva dubbi: “Dopo l’11 settembre questa è una battaglia fondamentale per l’Occidente. Se poi gli afghani abbracciano la democrazia bene, ma non dimentichiamo che in questo deserto corre la prima linea di difesa del nostro mondo”.
I suoi uomini saltavano in aria sulle trappole esplosive talebane e combattevano ogni giorno. Il sergente di ferro li incitava a non mollare: “Questa sabbia è la stessa da El Alamein a Bala Baluk”, uno sperduto avamposto italiano, sempre sotto attacco, nella provincia di Farah.
La guerra l’abbiamo persa, per non parlare dell’illusione di esportare la democrazia. Oggi a Kabul il ministro della Difesa è Mohammad Yaqoob, figlio di mullah Omar, il fondatore guercio dei talebani. Il ministro dell’Interno è Sirajuddin Haqqani, capo della rete del terrore specializzata in attacchi suicidi, che ha sempre avuto ottimi rapporti con Al Qaida. Per di più è ricercato dall’Fbi con una taglia sulla testa di 5 milioni di dollari. E’ come se ai tempi delle  Brigate rosse alla guida del Viminale ci fosse stato Renato Curcio.
Al Qaida rinascerà sotto l’ala protettiva del nuovo Emirato, che sorge attorno alla fatidica data dell’11 settembre. Non solo una tragica beffa, ma un potente volano di propaganda che resuscita o alimenta le forze jihadiste del pianeta.
Tutti si chiedono come sia stato possibile il crollo così disastroso delle forze di sicurezza afghane e del governo appoggiati e finanziati dal 2001 della Nato. Qualche anno fa un comandante talebano mi spiegava che noi occidentali abbiamo “l’orologio e stabilite che quest’anno mettete in piedi un esercito, l’anno dopo la polizia è così via. Noi abbiamo il tempo e prima o dopo vi sconfiggeremo”. Non solo così è stato, ma l’epopea talebana parte da lontano, da un lungo conflitto iniziato oltre 40 anni fa, quando l’Armata rossa invase l’Afghanistan. “Mio padre è shaid (martire) della guerra santa contro i russi. Io sono nato talebano e ho raccolto il testimone combattendo contro gli americani. Allora come oggi abbiamo vinto” spiega il comandante Mohammed Sharif Amadi offrendomi un pranzo di pane e ceci seduti a terra con le gambe incrociate. Dai russi agli americani l’Afghanistan è sempre stato la tomba degli imperi.
Dopo l’attacco alle Torri gemelle, il 13 novembre 2001, i mujaheddin appoggiati dai B 52 americani fecero un grande regalo liberando Kabul dal primo Emirato il giorno del mio quarantesimo compleanno. In poche ore i bambini tornarono a far volare gli aquiloni, proibiti dai talebani, nel cielo limpido della capitale afghana. Oggi, dopo vent’anni di Occidente, i negozi di capi femminili alla moda a Kabul sono chiusi ed i centri di bellezza ancora aperti hanno dovuto dipingere di nero l’ingresso oscurando i volti attraenti delle donne. Un barbiere vicino al parco di Shahr-e Naw si lamenta che “i clienti sono drasticamente diminuiti perché i talebani dicono che bisogna farsi crescere la barba”. E agli angoli delle strade gli ambulanti vendono le bandiere bianche con la professione di fede musulmana in nero, vessillo del nuovo Emirato.
[continua]

video
06 settembre 2021 | Quarta Repubblica Rete 4 | reportage
La vera guerra degli italiani
La guerra di pace degli italiani in Afghanistan, che non vi hanno mai fatto vedere perché era meglio dire che portavamo caramelle ai bambini. Tutti filmati combat girati dai nostri soldati in 20 anni di missione che è finita con una Caporetto

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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.

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21 settembre 2009 | RaiUno - Uno Mattina | reportage
Il giorno dei funerali dei caduti di Kabul
Dai talebani alla situazione in Afghanistan ricordando che l'ultimo saluto ai paracadutisti caduti non può che essere il loro grido di battaglia: "Folgore".

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radio

12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/1
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani comincia lo stillicidio di piccoli attacchi contro le forze della Nato. Osama Bin Laden, vivo o morte, è entrato nel mito della guerra santa

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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/1
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti

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06 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Sveglia all'alba e trappole esplosive
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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18 maggio 2005 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
Gli americani profanano il Corano. Rivolta in Afghanistan
Una volontaria italiana, Clementina Cantoni, trentaduenne milanese, è stata rapita nel centro di Kabul da quattro uomi armati. La donna è un'operatrice dell'organizzazione umanitaria Care International e si occupa da tre anni di soccorrere le vedove di guerra in Afghanistan. L'avvenimento è stata come una doccia fredda sulle speranze di normalizzazione legate al governo Karzai e all'esportazione di un modello di democrazia partito ormai dal lontano 2001. L'idea di democrazia è stata un progetto vincente? La questione della sicurezza è ancora così spinosa? La situazione afghana è migliorata dopo la sconfitta dei Talebani? Ne parliamo con Gino Strada, chirurgo e fondatore di Emergency, Fausto Biloslavo, giornalista, Alberto Cairo, responsabile in Afghanistan del progetto ortopedico del Comitato internazionale della Croce Rossa Internazionale, Pietro De Carli, responsabile dei programmi di emergenza della cooperazione italiana per il Ministero degli Esteri e Jolanda Brunetti Goetz, ambasciatore responsabile della ricostruzione della sicurezza in Afghanistan.

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23 agosto 2008 | Radio24 | intervento
Afghanistan
Strage di civili
Afghanistan, un'estate in trincea.

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