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Intervista esclusiva
20 settembre 2021 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
“Resto in Afghanistan per i diritti delle donne Italia e Ue ci aiutino”
Fausto Biloslavo
Gian Micalessin
Kandahar Il lamento del muezzin attraversa la distesa di tombe, pulviscolo e luce del tramonto avvolgono il cimitero in un soffuso velo violaceo. Accoccolate tra un tumulo di pietre e una lapide una coppia di donne si muovono lente tra le pieghe di due burqa azzurri. Una ha un bimbo in braccio, l\\\'altra bagna i bordi della tomba, ripulisce la terra, spolvera il marmo e la sua iscrizione. All\\\'improvviso una si rizza in piedi, s\\\'avvicina ai nostri obbiettivi. Abbassiamo le telecamere e facciamo un passo indietro. Ma il burqa non si ferma, infrange ogni regola di distanziamento tra i sessi imposta dall\\\'ordine talebano e sussurra una frase in inglese. «I talebani hanno ucciso mio fratello per causa mia». Sgraniamo gli occhi, farfugliamo qualcosa, ma la voce senza volto ci rimette in riga. «Non qui, non adesso c\\\'è troppa gente questo è il mio telefono sentiamoci e vi racconterò tutto». Dodici ore dopo quella voce ha il volto di Bibi Gulali Mohammed. Ha 27 anni, è figlia di un mullah ed è originaria di quell\\\'Uruzgan dove nacque anche il Mullah Omar. Ed è diventata la più giovane deputata dell\\\'ormai chiuso parlamento afghano.
Ieri al cimitero ci ha detto «mio fratello è stato ucciso a causa mia». Perché?
«I talebani lo hanno ucciso il 27 gennaio, a Kandahar. Aveva solo 21 anni e si era appena sposato. È stata dura, ma se la pace tornasse veramente sono pronta a perdonarli. Mio fratello ha concepito un figlio prima di venire assassinato, che adesso ha due mesi. Ogni giorno, quando lo guardiamo, pensiamo a suo padre morto mentre lui stava per nascere»
Un omicidio mirato?
«Sì, perché era mio fratello. Io oltre ad essere un membro del Parlamento ed essermi battuta per le donne afghane sono anche la figlia di un mullah,. Volevano che rimanessi a casa senza espormi soprattutto in politica. È stato molto difficile. Alcuni parenti che stanno con i talebani mi ripetevano di non candidarmi. Per loro ero una donna da tener nascosta sotto il velo. Anche adesso ricevo continuamente minacce da numeri diversi. Mi ricordano che hanno ammazzato mio fratello e mi dicono che la prossima volta toccherà a me. Ma da quando l\\\'hanno ucciso non mi sono mai fermata. Non ho paura. So che un giorno potrei venire uccisa, ma fino a quando sarò viva lotterò per i miei diritti».
Perché non si è fatta evacuare dagli occidentali?
«Ho deciso di non lasciare l\\\'Afganistan perché voglio battermi per i diritti delle donne. I talebani hanno promesso che ci rispetteranno. Se sarà così bene! Se cambieranno idea sostenendo che le donne non possono lavorare e non devono studiare, come è accaduto in quest\\\'ultima settimana nella mia università, sarà dura resistere in questo paese».
Perché è venuta a Kandahar?
«Mia madre voleva vedere la tomba di suo figlio. Siamo partiti in macchina nascoste dal burqa, ma tornerò a Kabul per capire quali decisioni prenderanno i talebani nei confronti delle donne».
La famiglia la appoggia?
«Mia madre è la vera coraggiosa della famiglia. È sempre stata al mio fianco anche quando i parenti la assalivano perché mi faceva studiare. Lei diceva sempre non mi interessa quello che dicono. Un giorno si renderanno conto che ero nel giusto. Adesso ha paura di perdermi come è accaduto con mio fratello. Se ti uccidono non sopravviverò ripete spesso. Tante volte ha cercato di convincermi a lasciare il paese».
I talebani sono più moderati?
«Non ci concederanno di certo i diritti che abbiamo conquistato. Perderemo la gran parte di quanto ottenuto negli ultimi 20 anni, ma spero e chiedo che garantiscano almeno il diritti a lavorare e studiare. Le donne afghane sono capaci e possono guidare anche una provincia. I talebani dicono che dobbiamo portare il velo. Lo abbiamo fatto prima e lo faremo anche adesso, ma rispettate i nostri diritti».
I talebani sono cambiati?
«Negli ultimi giorni ho visitato diverse province e non ho notato alcun cambiamento. Sono diversi i vertici, i leader che hanno viaggiato e conosciuto altri paesi. A Kabul, rispetto al primo emirato di 20 anni fa, si nota qualche miglioramento. Possiamo camminare per strada senza coprirci completamente il volto, ma nell\\\'entroterra i talebani sono sempre gli stessi. Noi donne vogliamo diventare parte attiva della società. Questo sarebbe il vero cambiamento».
Cosa dovrebbe fare il mondo libero?
«Abbiamo bisogno dell\\\'aiuto della comunità internazionale. Dovete chiedere ai talebani di rispettare i diritti delle donne».
Vuole lanciare un appello all\\\'Italia?
«Ci aspettiamo l\\\'appoggio dei nostri amici europei e soprattutto del governo italiano. Ci sono tante come me, che non hanno la possibilità di uscire allo scoperto. Continuate ad aiutare le donne afghane».
[continua]

video
16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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20 maggio 2010 | Rai 1 Mattina | reportage
L'ultimo addio ai caduti
I funerali di stato, a Roma per il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense.
Il racconto di come vivono e combattono i nostri soldati in Afgahnistan.

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23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
La battaglia di Kandahar

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radio

18 agosto 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi. Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane. Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa. La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.

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14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
La musica che cambia
Nei negozi della capitale liberata non si vende più la cantilena dei versi del Corano, ma la melodiosa musica indiana, proibita dai talebani.

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Il leone di Herat
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Ad Herat sono entrati i mujaheddin di Ismail Khan, il vecchio comandante della guerra contro i sovietici. Tutti lo conoscono come il leone per coraggio e carisma

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02 novembre 2009 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
La crisi elettorale
Dopo il boicottaggio del secondo turno di Abdulla Abdullah, il rivale tajiko del presidente pasthun Hamid Karzai

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25 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Bombardamenti americani fanno strage di civili
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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