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Reportage
22 dicembre 2021 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Il dramma delle positive in gravidanza “Abbiamo l’incubo di perdere il figlio”
«Mi sentivo la morte dentro. E avevo paura che anche Mattia prendesse il virus, non riuscisse più a respirare o che finisse tutto con un aborto spontaneo» racconta Cristina, in lacrime, con la maschera per l\'ossigeno distesa su un letto d\'ospedale del reparto covid del Burlo Garofolo di Trieste. Per entrare nella zona rossa bisogna vestirsi da marziani con le protezioni che ti coprono dalla testa ai piedi. Non è l\'anticamera dell\'inferno come un reparto di terapia intensiva, ma le mamme con il Covid ti stringono il cuore. Sarebbero pronte a morire pur di salvare il loro bimbo. «La situazione è critica. Abbiamo registrato un notevole incremento dei casi di donne in gravidanza positive al Covid» spiega Giuseppe Ricci, ginecologo e direttore del Dipartimento materno neonatale e Terapie intensive
Cristina, incinta al settimo mese, ora sta meglio, ma ha passato momenti drammatici. «Saturazione bassa, difficoltà a respirare, febbre alta e dolori come se avessi contrazioni di continuo. Giravo per casa piangendo». Tutta la famiglia non era vaccinata e ha preso il Covid. «Anche la nonna e la mamma, che è in ospedale e sta male» ammette fra le lacrime. «Avevo paura di fare il vaccino. Internet ed i social mi hanno confuso. Non capivo più quale fosse la verità. E adesso diranno che vengo pagata per dire queste cose» sostiene Cristina. «Ho sbagliato a non dare retta al mio ginecologo . Appena posso andrò a vaccinarmi».
Ricci è sconsolato: «Stimiamo che a Trieste una donna in gravidanza su due non si vaccina». A settembre, secondo i dati del ministero della sanità, solo il 47% delle signore in attesa avevano aderito alla campagna vaccinale. «Non ho ricoverato neppure una donna in gravidanza per il vaccino - osserva Ricci - ma abbiamo trattato tante positive in condizioni drammatiche».
Il Covid quando si aspetta un bambino può essere molto pericoloso e provocare forme gravi o parti prematuri. Per non parlare delle difficoltà legate all\'uso dei farmaci per non danneggiare il feto. La posizione prona con il pancione o ancora peggio l\'intubazione è estremamente problematica. Nella «capitale» dei no vax si stima che il 10-15% di mamme in dolce attesa hanno avuto il Covid o sono positive al momento del parto. «Affrontano il momento più bello della vita da sole, senza il compagno al loro fianco solitamente pure lui in quarantena» spiega Maria Piazza, coordinatrice della sala parto al Burlo di Trieste. Solo in novembre il reparto ha avuto 14 ricoveri con pazienti positive in gravidanza. Numeri mai visti prima. E il pronto soccorso dell\'ospedale infantile è un campo di battaglia. Il direttore, Alessandro Amaddeo, racconta che «abbiamo visto di tutto. Compresi pazienti che si rifiutavano di fare il tampone o di mettere in isolamento i propri figli perché non credevano al Covid».
Pure Lyombe, una mamma del Camerun che vive da tempo in Italia, ha sottovalutato il pericolo e non si è vaccinata. «Quando mi hanno detto che ero positiva sono scoppiata a piangere e non mi fermavo più. Temevo di perdere il bambino o di contagiarlo, ma i medici mi hanno dato forza e speranza» racconta la mamma con il suo bebè in braccio nato da pochi giorni. Il neonato è negativo, ma Lyombe vuole lanciare un appello: «Le donne in gravidanza devono sapere che il Covid è un pericolo reale e bisogna vaccinarsi prima che faccia male a tuo figlio».
[continua]

video
23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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radio

24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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