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Esclusivo
18 ottobre 2023 - Prima - Italia - Il Giornale
Il terrorista Abdesalem in Italia con il barcone Da Bologna a Torino con una fuga dal Cie “Salvato da un giudice”
Prima fugge dal carcere in Tunisia per sbarcare come innocuo migrante con il barcone in Italia. Poi viene aperto un procedimento a Bologna per radicalismo islamico, che finisce in nulla. Alla fine doveva essere espulso, ma un magistrato di Bologna annulla il provvedimento di rigetto della richiesta d’asilo. La polizia italiana, però, segnala a tutta Europa che è un sospetto jihadista pronto a partire per i campi dei battaglia dell’Isis in Medio Oriente. Si sposta fra Svezia e Belgio fino a quando non decide di uccidere due svedesi a colpi di kalashnikov nel centro di Bruxelles. Il Giornale ha ricostruito il percorso, attraverso l’Italia, di Abdesalem Lassoued, il terrorista dell’Isis neutralizzato ieri in uno scontro a fuoco a Schaerbeek, distretto della capitale belga fucina di jihadisti fin dagli attentati del 2016.
Lassoued era un tunisino nato a Sfax nel 1978. A casa sua finisce dietro le sbarre «per reati comuni e di natura politico-religiosa», ma riesce a evadere. Subito dopo si me1J+KIMele•-••• , yPM. • •• scola ai migranti imbarcandosi verso Lampedusa. Nel gennaio 2011 viene fotosegnalato a Porto Empedocle per ingresso illegale. A Torino, dove lo trasferiscono, gli rilasciano un permesso di soggiorno per «motivi umanitari». Abbandona l’Italia per andare prima in Norvegia e venire rimandato indietro e poi in Svezia. Nel Paese scandinavo rimane dal 2012 al 2014 finendo in carcere. Forse non è un caso che a Bruxelles abbia dato la caccia ai tifosi della nazionale svedese, impegnata in una partita, uccidendone I.1 .._ ,_. due. Dopo avere scontato la pena in Svezia viene espulso verso l’Italia come prevede il regolamento di Dublino.
Il futuro terrorista si sistema a Bologna, con una compagna pure lei tunisina, in un alloggio centrale vicino all’Università. E presenta domanda di protezione internazionale il 26 maggio 2016. Fra le sue otto pagine Facebook preferite, prima che l’antiterrorismo bloccasse il profilo, spiccava quella dell'Associazione Inquilini e Abitanti di Bologna, un’unione sindacale di base pro migranti legata alla sinistra. Nel 2016, in piena emergenza terrorismo, i servizi di sicurezza tunisini segnalano Lassoued come «elemento pericoloso e radicalizzato». La procura di Bologna apre un procedimento penale «modello 45» ovvero per «fatti che possono richiedere approfondimenti», ma non costituiscono ancora una notizia di reato. Il tunisino e la compagna vengono attenzionati e dai tabulati telefonici saltano fuori diverse utenze estere. Il procedimento finisce in nulla.
In giugno la Commissione territoriale di Bologna rigetta la domanda di protezione internazionale e Lassoued viene mandato al Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Caltanissetta per il rimpatrio.
Ovviamente presenta ricorso e il Tribunale di Bologna sospende il no alla protezione internazionale fissando nel 2017 l’udienza per discutere nel merito. Così esce dal Cie, con tanto di permesso di soggiorno, e va in Belgio.
La polizia italiana, però, traccia già nel 2016 un allarmante profilo di rischio del sospetto jihadista informando tutta Europa. Il tunisino «avrebbe intrapreso un processo di radicalizzazione con la volontà di raggiungere il Daesh per proseguire la jihad». Non solo: «Avrebbe l’intenzione di acquisire un’arma da fuoco per compiere atti inconsulti ai danni di cristiani ed ebrei».
Una delle informazioni più gravi è che sosteneva di essere stato in contatto con «Abdeslam Saleh coinvolto nei recenti attentati terroristici in Francia». L’unico terrorista sopravvissuto del Bataclan arrivato, guarda caso, da Bruxelles. E proprio in Belgio il tunisino avrebbe «allacciato contatti con elementi dell’ambiente integralista» prima ancora di arrivare a Bologna.
Lassoued presenta domanda di asilo a Bruxelles nel 2019, respinta l’anno dopo.
L’adepto dell’Isis ha sicuramente trovato rifugio nel distretto di Schaerbeek, a ridosso della capitale, dove è stato intercettato e ucciso in uno sconto a fuoco. Lì era cresciuto anche uno degli attentatori suicidi che la mattina del 22 marzo 2016 si sono fatti esplodere all’aereoporto di Bruxelles, Najim Laachraoui. Una fucina jihadista con tanto di piazzette dimenticate come «la gabbia dell’orso», dove nel 2016 comandavano gruppi di giovani magrebini. Non nascondevano le simpatie per lo Stato islamico e ammettevano che diversi coetanei erano partiti per la Siria a combattere in nome del Califfato. «Se gli ebrei lanciano un missile a ammazzano degli innocenti musulmani nessuno ne parla - sottolineava un capoccia degli adolescenti della Jihad, nome di battaglia Adolf - Quando i mujaheddin combattono sono terroristi». Qualche centinaio di metri più in là, da una palazzina di Rue Max Roos, erano partiti i terroristi suicidi che avevano colpito l’aeroporto e la stazione metropolitana di Bruxelles provocando 32 vittime. Dal 2021, dopo un possibile passaggio a Genova, diventa un «fantasma» dopo essere stato espulso da una moschea per le sue posizioni radicali. In teoria avrebbe dovuto lasciare il paese da tempo.
L’anno dopo un ospite di un centro per richiedenti asilo nei pressi di Anversa lo denuncia per minacce e informa la polizia che era stato condannato per terrorismo in Tunisia. Sembra che l’antiterrorismo lo avesse convocato proprio oggi per un colloquio. Il giorno prima imbraccia il kalashnikov seminando morte e terrore nel cuore di Bruxelles.
(ha collaborato Massimo Malpica).
[continua]

video
12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
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Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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