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01 maggio 2024 - Esteri - Iran - Panorama
Chi comanda davvero in Iran
“Grazie Pasdaran, grazie Pasdaran” urlano in coro dentro il Majlis, i parlamentari iraniani della fazione ultraconservatrice, poche ore dopo la rappresaglia su Israele del 13 aprile con oltre 300 droni e missili. “L’Iran ha varcato la linea rossa dell’intervento diretto, che la guida suprema Khamenei ed i pochi della vecchia guardia della rivoluzione khomeinista ancora vivi e al potere non hanno mai voluto superare - dichiara Nicola Pedde del centro studi Institute for Global Studies - Non solo: l’attacco è avvenuto nel bel mezzo di un epocale passaggio generazionale a favore dei Pasdaran”.
Dopo la puntura di spillo del contrattacco israeliano sembra allontanarsi il rischio di un conflitto regionale senza limiti, ma chi comanda veramente nella Repubblica islamica d’Iran? I Pasdaran, la guida suprema, il figlio che aspira alla successione, il presidente iraniano fanno parte del potere a Teheran, che si sta spostando a favore della nuova generazione dei Guardiani della rivoluzione.
Il grande ayatollah, Alì Khamenei, ha 85 anni, ma rimane alla guida del paese. I Guardiani della rivoluzione hanno ottenuto il via libera alla rappresaglia contro Israele dopo il bombardamento mirato, il primo aprile, di una palazzina del consolato iraniano a Damasco che ha eliminato il generale dei Pasdaran, Mohammad Reza Zahedi. Un pericoloso superamento della cosiddetta “pazienza strategica” di Khamenei, che ha sempre preferito utilizzare i giannizzeri regionali, dagli Hezbollah agli Houti, nella guerra per procura contro lo stato ebraico.
L’età e gli acciacchi della guida suprema hanno fatto scattare le mosse per la successione, che formalmente verrà decisa dall’Assemblea degli esperti composta da 88 membri, i Mujtahid, rappresentanti religiosi ed esperti di legge islamica. Dietro le quinte si sta preparando Mojtaba, figlio di Khamenei, pure lui esponente ecclesiastico sciita. Il secondogenito gestisce da anni dossier delicati aiutando il padre nella gestione del potere oltre ad allacciare legami con le strutture di intelligence e le forze si sicurezza. A 17 anni si arruolò volontario nel battaglione Habib durante la spaventosa guerra con l’Iraq (1980-1988), che costò un milione di morti. Sotto le armi forgiò l’amicizia con giovani come lui, che in seguito hanno scalato il potere creando un gruppo informale, i Taeb brothers (fratelli virtuosi). Un cerchio magico punto di appoggio per la successione assieme all’alleanza con esponenti influenti del clero a Qom, la città “santa” iraniana  e Mashad. Non a caso alcuni media hanno cominciato a usare l’alta carica religiosa di ayatollah quando parlano di Mojtaba, anche se il suo grado ecclesiastico è più basso. L’opposizione è convinta che sarà lui la nuova guida suprema, ma l’agenzia stampa Fars, controllata dai Pasdaran, ha definito l’idea “un’illusione”.
“Negli ultimi anni è aumentata la concentrazione di potere nelle mani dei Guardiani della rivoluzione - conferma una fonte diplomatica che conosce bene l’Iran - Il leader supremo ha in mano le redini del paese, ma governa, di fatto, con i Pasdaran”.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, che ha fatto carriera come  esecutore giudiziario della Repubblica islamica, eletto nel 2021, è un fedelissimo di Khamenei e aspira alla successione. In Iran, però, il capo dello stato ha un potere relativo. Le linee guida di politica interna ed estera vengono tracciate dal grande ayatollah erede del fondatore della Repubblica islamica, Ruhollah Khomeini. Il presidente sarebbe responsabile della politica economica e solo formalmente guida il Supremo consiglio per la sicurezza nazionale. Un’istituzione che prende le decisioni chiave per la difesa, sicurezza e intelligence. Il potere operativo è nella mani del segretario del Consiglio, Alì Akbar Ahmadian, un ex Pasdaran: “Rappresenta il mutamento generazionale in atto e si riconosce nella linea dura e pura che sta sfidando la guida suprema” spiega Pedde. Per fargli posto è stato promosso a consigliere di Khamenei, per venir rimosso, il suo predecessore, l’ammiraglio Alì Shamkhani, pure dei Pasdaran, ma allineato alla guida suprema.
La successione potrebbe aprire una fase di profonda trasformazione istituzionale, che cambierebbe il sistema teocratico. “La prima generazione del potere (come Khamenei ndr), quella emersa dal processo rivoluzionario e di espressione per lo più clericale, è ormai numericamente ridottissima - scrive Pedde in un’analisi - e ha da tempo lasciato spazio ad una seconda generazione, che non è tuttavia espressione del clero come la prima quanto piuttosto del vasto apparato militare e industriale del pervasivo sistema della Sepah-e Pasdaran”. Pur salvaguardando, formalmente, l’aspetto religioso delle istituzioni, l’Iran potrebbe spostarsi verso una repubblica con reali poteri presidenziale. Le elezioni per il capo dello stato del prossimo anno occuperanno un altro tassello della mappa di comando in Iran.
“Sono i Pasdaran a comandare in Iran, che rispondono direttamente a Khamenei. Non hanno solo il controllo militare e della sicurezza, ma anche quello economico” sottolinea il generale della riserva Francesco Ippoliti, che è stato addetto militare a Teheran. Tutti temono e rispettano i Guardiani della rivoluzione. “Nel 2013, a un ricevimento in un’ambasciata europea, stavo parlando con un colonnello che alla cerimonia rappresentava i Pasdaran - racconta Ippoliti - Arriva il ministro degli Esteri, appena nominato, Mohammad Javad Zarif. Si è fatto subito largo fra i diplomatici che volevano parlargli per venire a salutare l’ufficiale dei Guardiani della rivoluzione”.
Il risultato delle elezioni parlamentari del primo marzo ha confermato l’avanzata generazionale delle nuove leve ispirate dai Pasdaran. L’affluenza alle urne, attorno al 41%, la più bassa di sempre, dimostra la disaffezione di gran parte della popolazione iraniana. Dei 245 deputati eletti al primo turno circa 150 appartengono alla sfera dei conservatori. Riformisti e centristi sono ridotti al lumicino. “La maggioranza appartiene al Fronte Paydari, legato ai Guardiani della rivoluzione,  ancora più duri e puri dei conservatori “tradizionalisti” che si ispirano alla linea classica di Khomeini” spiega Pedde. La fonte diplomatica di Panorama fa notare che “dopo l’espulsione dei riformisti, il vero consenso del regime non supera il 20%, ma si tratta di una base ultraradicale che vuole il velo obbligatorio, la crociata contro le donne che non rispettano l’Islam e vorrebbe un utilizzo non più solo civile del nucleare”. La fazione ultaconservatrice è ispirata da personaggi di peso come l’ex capo dell’intelligence dei Pasdaran, Hussein Taeb e Gholamreza Soleimani comandate dei Basij, un corpo paramilitare vicino ai Guardiani della rivoluzione.
I generali che contano dei Pasdaran sono il comandante, Hossein Salami, che guida 250mila uomini, Ismail Qaani responsabile della brigata Al Qods, specializzata nelle operazioni all’estero e Mohamamd Bagheri capo di stato maggiore di tutte le froze armate iraniane. Dopo il lancio di missili e droni contro Israele è tornato in auge il generale Amir Ali Hajizadeh, comandante delle forze aereospaziali della Repubblica islamica, che ha pianificato la rappresaglia.
“I Pasdaran sono uno stato nello stato, che oltre la struttura militare si è espanso nell’economia, nel sociale e controllano l’industria degli armamenti oltre ad alcuni media” sottolinea l’esperto dell’ Institute for Global Studies. “Un modello che ricalca da vicino quello dei militari egiziani - spiega Pedde - Sono ramificati nel campo energetico, nelle costruzioni, nella Difesa e investono in settori terzi ad alto rendimento dalle infrastrutture all’import-export”. Per assurdo nel nord di Teheran i giovani vestiti all’occidentale, con belle macchine, sono i figli dell’architettura di potere della seconda generazione politica, militare ed economica messa in piedi dai Pasdaran.
E l’asticella si sta alzando anche sul programma nucleare. Il 22 aprile il ministero degli Esteri iraniano ha dovuto ribadire “l’uso pacifico dell’energia atomica” e che "le armi nucleari non hanno posto nella dottrina di difesa dell’Iran”. Ahmad Haq Talab, generale dei Guardiani responsabile della sicurezza dei siti, aveva ammesso, pochi giorni prima, che "riconsiderare la dottrina e le politiche nucleari dell'Iran è probabile e immaginabile, se il regime sionista minaccia di attaccare i centri del nostro Paese”.
Fausto Biloslavo
[continua]

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