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Articolo
04 ottobre 2025 - Il fatto - Italia - Il Giornale |
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Rischio di attacchi per il 7 ottobre La stretta sui 200 centri ebraici |
«La mobilitazione di massa a favore della causa palestinese può portare a violenze sporadiche di frange estreme di casa nostra, ma un vero e proprio attentato o azioni di terrorismo sarebbero controproducenti» spiega al Giornale un'alta fonte della sicurezza nazionale. L'allerta sugli obiettivi sensibili, però, è massima, a cominciare dagli oltre 200 centri ebraici disseminati nel paese. Per ora, nell'impennata dei cortei di questi giorni, viene ripetuto lo slogan di Hamas per la Palestina «dal fiume al mare» che cancella lo Stato di Israele. Un esponente palestinese che giovedì pomeriggio ha preso la parola per arringare i manifestanti ribadiva la richiesta «di liberazione per Anan Yaeesh ingiustamente detenuto». Il palestinese era il capo di una presunta cellula a L'Aquila delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa. Dal 26 marzo è iniziato il processo ed i pro Pal, assieme a centri sociali, anarchici e Usb, il sindacato di base, si battono per la sua liberazione. Eventuali operativi, veri, di Hamas starebbero ben distanti dalle manifestazioni pro Pal, come i tre terroristi arrestati in Germania il 30 ottobre, che avevano armi e munizioni ed erano pronti a colpire per la festa ebraica dello Yom Kippur. Abed Al G., Wael F. M. e Ahmad I. sono finiti in manette a Berlino. La cellula era in possesso di mitragliatori Ak-47 e proiettili. L'ufficio della Procura federale ha dichiarato che «le armi erano destinate ad essere utilizzate da Hamas per attentati contro istituzioni israeliane o ebraiche in Germania». Due degli arrestati sono cittadini tedeschi e il terzo è nato in Libano. «L'effetto emulazione, fotocopia, è sempre un rischio, ma solitamente la tipologia dei lupi solitari non si fanno ispirare da manifestazioni di piazza, bensì da attentati veri come quello di Manchester. E dai contatti che riescono ad attivare all'estero» osserva un'altra fonte della sicurezza. Il terrorista di Manchester, che ha accoltellato un fedele della sinagoga e avrebbe potuto fare ben peggio, era un lupo solitario. L'intelligence interna inglese ha lanciato l'allarme per ulteriori attacchi in vista del 7 ottobre, il secondo anniversario dell'attacco stragista di Hamas che ha provocato la tragica guerra a Gaza. L'attentatore era nato in Inghilterra, da famiglia siriana, e il nome sembra tutto un programma: Jihad Al-Shamie. A 35 anni era stato «potenzialmente influenzato dalle operazioni militari a Gaza e dalle vittime palestinesi nella Striscia» secondo l'antiterrorismo. L'MI5 sta valutando se innalzare il livello di allerta, per il momento «sostanziale». Anche il giovane pachistano di 25 anni, Usama Usama, richiedente asilo, arrestato il 5 settembre a Trieste era un «lupo solitario», che si stava esaltando sul web come adepto dello Stato islamico. Non aveva ancora pianificato un attentato, ma scaricato manuali del terrore da internet che spiegano come mettere insieme un ordigno artigianale. I carabinieri del Ros lo hanno fermato in tempo dopo averlo monitorato mentre rilanciava video jihadisti molto cruenti compresi i filmati degli attentati dell'Isis a Parigi e Bruxelles. Il giovane radicalizzato era arrivato in Italia dalla rotta balcanica nel 2023 dichiarandosi minorenne. Quest'anno gli attacchi più sanguinosi in Occidente, ispirati dalla guerra a Gaza, sono avvenuti negli Stati Uniti. Il primo maggio a Washington Elias Rodriguez, 30 anni, ossessionato da Hamas, ha ucciso a sangue freddo, alle spalle, due giovani funzionari dell'ambasciata israeliana. Un mese dopo un egiziano trapiantato negli Usa ha trasformato uno spruzzatore da giardino in artigianale lanciafiamme per ammazzare un ultra ottantenne in Colorado e ferire altre 13 persone, che stavano partecipando ad un presidio per non dimenticare gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Il Comitato analisi strategica antiterrorismo e il Comitato nazionale ordine e sicurezza pubblica sono gli organismi in Italia, composti dai vertici delle forze di polizia e dell'intelligence, che su richiesta del ministro dell'Interno analizzano il rischio. Massima allerta sugli obiettivi sensibili, che in Italia sono 29mila, comprese 10mila infrastrutture critiche. Non solo sedi diplomatiche e consolari, ma anche luoghi di culto, come le sinagoghe, centri nevralgici per i servizi essenziali a stazioni e porti, nel mirino dei manifestanti con lo slogan «blocchiamo tutto». Oltre a centri di interesse anche economici e monumenti nazionali. Solo nella capitale gli obiettivi sensibili sono circa 4mila. |
[continua] |
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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra
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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso.
Cosa ricorda di questa discesa all’inferno?
“Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”.
Dove ha trovato la forza?
“Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”.
Gli operatori sanitari dell’ospedale?
“Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”.
Il momento che non dimenticherà mai?
“Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”.
Come ha recuperato le forze?
“Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”.
Come è stato infettato?
“Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”.
E la sua famiglia?
“Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”.
Ha pensato di non farcela?
“Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.
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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq.
Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento |
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.
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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
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