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17 aprile 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale
Lì dove i nostri nonni hanno combattuto
Nelle roccaforti filorusse, presidiate da miliziani armati, nell’Est dell’Ucrai­na i nostri nonni hanno combattuto aspre battaglie durante la seconda guer­ra mondiale. Le immagini dei blindati e delle barricate fanno tornare alla mente una sorta di «amarcord» di guerra. Do­netsk, la «capitale» della rivolta separati­sta si chiamava Stalino ed è stata conqui­stata dalla divisione Celere. I reggimen­ti della Pasubio combatterono casa per casa a Gorlovka, dove la polizia ucraina è passata con i filo russi. A Lugansk, una delle prime città in rivolta, cominciò la controffensiva dell’Armata rossa che chiuse in una tragica sacca i nostri alpini in ritirata dal Don.
Nel 1941 il comando tedesco accelerò l’avanzata verso il bacino del Donbass, ricco di miniere, cuore odierno dell’in­surrezione armata contro Kiev. La città principale, Donetsk, si chiamava Stali­no non tanto in onore al dittatore sovieti­co, ma grazie alle sue acciaierie. In russo «stal», soprannome del sanguinario ri­voluzionario georgiano, significa accia­io. Nell’ottobre 1941 le divisioni Pasu­bio, Torino e Celere avanzavano nel­l’Ucraina orientale assieme alle Cami­cie nere. Mussolini aveva spedito sul fronte orientale, al fianco dei tedeschi
 impegnati nell’operazione Barbarossa, un intero corpo di spedizione. Stalino/ Donetsk fu conquistata abbastanza fa­cilmente e gli italiani rimasero per mesi in città gestendo lo scalo ferroviario.
Su YouTube, come per la guerra della disinformazione di oggi, esistono falsi filmati della battaglia. Qualche decina
 di chilometri più a nord, a Gorlowka, og­gi in mano ai filorussi, la resistenza sovie­tica fu temibile e lo scontro con i soldati italiani feroce. Nell’abitato di Nikitovka l’80˚ reggimento della divisione Pasu­bio rimase circondato dai fucilieri del­l’Armata rossa dal 6 al 12 novembre 1941. La battaglia ci costò centinaia di vittime fra morti e feriti.
L’anno dopo i soldati italiani arrivaro­no in soccorso della 17esima armata te­desca in difficoltà a Izium, dove i sovieti­ci avevano sfondato il fronte. Martedì le colonne di blindati ucraini sono pene­trate verso le roccaforti filorusse nella re­gione di Donetsk proprio da Izium. La cittadina era l’ultima fermata della tra­dotta, o meglio dei carri merci, che porta­va gli alpini dall’Italia verso il fronte del Don.
Nell’odierna Lugansk i filorussi han­no occupato
 i primi edifici pubblici sac­cheggiando l’arsenale della centrale dei servizi segreti ucraini. Nel 1942, quando arrivarono le truppe tedesche, si chia­mava Voroshilovgrad. In zona prestava servizio il capitano d’artiglieria Benedet­to De Beni. L’ufficiale salvò dalla perse­cuzione nazista le sorelle ebree Sara e Rachel Shirayev Turok, che furono ag­gregate alle truppe italiane nelle cucine da campo. Nella primavera del 1943 riu­scirono ad arrivare in Italia dove De Be­ni le nascose vicino a Bergamo. Il capita­no fu deportato in un campo di concen­tr­amento tedesco e nel 1996 ottenne il ri­conoscimento di «Giusto fra le nazioni».
L’area di Lugansk/Voroshilovgrad è la regione dove iniziò la riscossa dell’Ar­mata rossa, che chiuse in un enorme sac­ca­i soldati italiani e liberò l’intera Ucrai­na
 il 28 ottobre 1944. 
FBil

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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
In Crimea arrivano i volontari serbi
SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.

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14 marzo 2014 | TG5 | reportage
Gli italiani di Crimea
Gli italiani di Crimea, emigrati nella penisola oltre duecento anni fa, furono deportati in Siberia e decimati da Stalin, che li considerava una spina nel fianco durante la seconda guerra mondiale. Poi sono tornati a Kerch, vicino all'ex confine con la Russia. Gli italiani di origine sono ancora 500.

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
Gli uomini neri
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
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Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa


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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento
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Una nuova Crimea


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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento
Ucraina
Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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