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Reportage
06 maggio 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale
Nel fortino di Kramatorsk circondato dai tank di Kiev
Le carcasse bruciate di due autobus sbarrano la via del centro. Sotto la pioggia battente una vedetta dei filorussi corre verso di noi per farci andare via: «Arrivano i tank, arrivano i tank da tutte le parti». A Kramatorsk, nel profondo est dell’Ucraina, il clima è da mobilitazione generale in atte­sa della battaglia finale. Giovani mascherati con la pistola in pu­gno presidiano nervosamente gli incroci. Cecchini filorussi si piazzano sui tetti della grandepiazza centra­le, dove cam­peggia la sta­tua di Lenin. Piccoli nuclei di uomini ar­mati in mime­tica con il dito sul grilletto si spostano velo­cemente­a pie­di o con camio­nette catturate chissà dove.
I carri armati dell’esercito ucraino non arrivano, ma sono solo a tre chilometri e poco più a nord riprendono i combatti­ment­i attorno alla roccaforte se­paratista di Slaviansk. Un elicot­tero ucraino viene abbattuto. L’equipaggio si salva,ma la bat­taglia infuria. In periferia le tru­p­pe di Kiev riconquistano la torre
 della televisione di Andreye­vka. Due blindati vengono colpi­ti dai separatisti secondo fonti del Giornale in città. «La batta­gl­ia è stata dura e neppure le am­bulanze sono statelasciate pas­sare per soccorrere i feriti» de­nuncia Stella Khorosheva, por­tavoce dei ribelli che parla italia­no. Nello scontro quattro solda­ti ucraini perdono la vita ed un’altra decina vengono feriti. I filorussi parlano di 10 morti fra le loro file e di una quindicina di feriti. I miliziani sigillano la roc­caforte piazzando blocchi di ce­mento agli ingressi principali.
A Kramatorsk, la seconda cit­tà sotto tiro dell’operazione mi­litare ucraina, il municipio è sta­to trasformato in un fortino cir­condato da barricate e sacchetti
 di sabbia. Decine di miliziani fi­lorussi in mimetica lo presidia­no. Ci sono anche dei cosacchi armati e con il loro tipico colbac­co. Il comandante prima è so­spettoso, ma poi si lascia anda­re: «Siamo già piombati nella guerra civile. Il Donbass (la re­gione degli scontri nda) dovreb­be diventare come la Bielorus­sia alleata di Mosca in nome di un popolo slavo indivisibile e sotto la bandiera della fede orto­dossa ». Niente nomi, ma am­mette che viene da Nikolayev vi­cino a Odessa. Pezzo d’uomo con modi da militare, alla fine ci fa entrare nel fortino fra i cammi­namenti dei sacchetti di sabbia: «Voglio farvi vedere come vivia­mo e ci siamo attrezzati, così ca­pirete che nessuno ci paga 500 dollari al giorno come avete scritto».L’omaccione si infila in una scala verso il sotterraneo do­ve è stata ricavata la cucina. Al­cu­ni suoi uomini stanno consu­mando un pasto frugale e giova­ni volontarie in camice bianco sono indaffarate fra le pentole. In fondo al corridoio c’è una sa­la dove hanno allineato dei letti­ni da ospedale da campo.
Al fortino arriva un uomo di mezza età con una vistosa cica­trice sul volto. «Ho combattuto in Afghanistan e voglio arruolar­mi » dice Alexander al coman­dante dei filorussi. A vent’anni, dal 1985 all’87 era a Kandahar con un reparto d’assalto dell’Ar­mata rossa. «Sono stato ferito in un’imboscata, ma almeno era­vamo tutti assieme ucraini, rus­si, georgiani, spalla a spalla. Non avrei mai immaginato que­sto disastro» racconta l’ afghan­zi , come vengono chiamati i ve­terani di Kabul. «I miei due non­ni hanno combattuto
entrambi - spiega Alexander- Dopo la stra­ge di Odessa (oltre 40 filorussi uccisi, nda) ho capito che devo fare il mio dovere come loro».
E proprio a Odessa il governo ucraino ha inviato ieri un repar­to speciale della Guardia nazio­nale temendo disordini per il 9 maggio, giorno della vittoria so­vietica nella seconda guerra
 mondiale. 
[continua]

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