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Reportage
31 marzo 2015 - Attualità - Bosnia - Il Giornale
“Minacce contro il Papa per la visita a Sarajevo”
Banja Luka - «Abbiamo determinate informazioni su possibili minacce alla sicurezza per la visita del Papa a Sarajevo», rivela al Giornale Dragan Lukac, ministro dell'Interno della Republika Srpska, l'entità serba della Bosnia-Erzegovina. Non vuole dire molto di più, a parte che sono stati segnalati «alcuni commenti in rete sul fatto che il Papa non ha motivo di venire a Sarajevo», ma il ministro è «certo che le forze di polizia della Bosnia saranno in grado di affrontare la questione e garantire la sicurezza della visita».
A Banja Luka, la «capitale» dei serbi, gli estremisti islamici sono considerati un pericolo mortale. Il Califfato ha più volte lanciato messaggi propagandistici sulla conquista di Roma o realizzato fotomontaggi con la bandiera nera che sventola su piazza San Pietro. Una fonte riservata a Sarajevo ammette «che ci aspettiamo ulteriori minacce. L'importanza della visita nella terra di frontiera bosniaca è storica, come la sua delicatezza in questo momento, con l'allarme globale del terrorismo di matrice islamica».
Secondo il ministro serbo bosniaco il problema ha radici lontane, che affondano nella guerra fratricida di 20 anni fa. A Zenica, un'ora di macchina da Sarajevo, si era formato il battaglione Al mujaheddin composto da volontari islamici che arrivavano dall'Afghanistan ai Paesi arabi per combattere contro i serbi. Molti hanno ottenuto la cittadinanza fondando villaggi salafiti come Gornja Maoca nella Bosnia nord orientale. «Il nucleo dei rimasti ha attecchito grazie alle istituzioni musulmane di allora. Altri wahabiti sono tornati nelle loro case dopo la guerra, anche in Republika Srpska - spiega il ministro -. Il risultato è che ci ritroviamo una vasta rete estremista in Bosnia con più centri al di fuori del controllo dello Stato». I gruppi salafiti, dei duri e puri dell'Islam, sono segnalati in mezzo Paese a Konjic, Zenica, Buzim, Velika Kladusa, Osve, Begov Han, Maglaj e Bocinja».
Il rischio maggiore è rappresentato dai volontari della guerra santa che partono per la Siria. «Si conoscono nomi e cognomi di 160 jihadisti, ma secondo le nostre informazioni sono più di 350, compresi i bosniaci che vivono nelle comunità dell'Europa occidentale», dichiara il rappresentante serbo.
Dall'Italia su 58 mujaheddin partiti per la Siria o l'Iraq, 8 sono balcanici e 4 risultano morti in combattimento. Gran parte dei bosniaci fanno parte del battaglione «Mudzahiri Ensarije», i combattenti favoriti da Allah, sotto le bandiere del Califfo ad Aleppo. Ieri è stata annunciata la morte del jihadista Denis Delanovic partito dalla Germania, ma originario di Veluka Kladusa, roccaforte salafita nella Bosnia nord occidentale.
«Le enclave estremiste servono come centro di reclutamento. La Sipa (polizia bosniaca, nda) è al corrente che si addestrano, non alla luce del sole, ma nelle zone circostanti in mezzo ai boschi», sostiene il ministro dell'Interno serbo. I più giovani aderiscono allo Stato islamico, ma gli anziani, come i veterani della guerra contro i serbi, hanno maggiori simpatie per Al Nusra, la costola di Al Qaida in Siria. «Il pericolo è il ritorno dei combattenti dalla Siria dove sono pronti a morire per la guerra santa. Figuriamoci cosa possono combinare in Bosnia e la minaccia che rappresentano per l'Europa compresa l'Italia», sottolinea Lukac.
Alle porte del nostro Paese, il problema non è solo bosniaco e registra inquietanti collegamenti con la criminalità organizzata. Giovanni Giacalone, analista del radicalismo islamico nei Balcani, segnala «la presenza, in alcune aree del Kosovo e dell'Albania, di gruppi criminali che si riferiscono ideologicamente all'Isis e non hanno problemi a farsi immortalare armi in pugno mentre mostrano l'indice verso l'alto» per indicare Allah. Secondo Giacalone «alcuni di questi avrebbero collegamenti con esponenti del crimine balcanico in Italia».
www.gliocchidellaguerra.it
[continua]

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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