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Reportage
25 marzo 2015 - Sito - Bosnia - Il giornale.it
La Bosnia tra estremisti islamici e l’ “invasione” di arabi e turchi

SARAJEVO - In Bosnia Erzegovina ci sono almeno 3000 estremisti islamici secondo le autorità di Sarajevo, ma la stima è al ribasso.

La presenza jihadista risale ai tempi della guerra di vent’anni fa che ha provocato oltre centomila morti, quando i mujaheddin provenienti addirittura dall’Afganistan avevano formato un battaglione a Zenica. Oggi a Sarajevo è in corso un’udienza del processo contro Bilal Bosnic, l’imam itinerante, che si era fatto le ossa da giovane proprio nell’unità Al mujaheddin durante il conflitto. Bosnic ha aderito al Califfato ed è accusato di aver reclutato volontari per lo Stato islamico anche dall’Italia. Un’inchiesta della procura di Venezia è in corso e le indagini sono affidate ai carabinieri del Ros di Padova.

La Bosnia Erzegovina fa parte a pieno titolo della “Balkan connection”, nome dell’operazione antiterrorismo condotta oggi in Italia ed Albania. “I bosniaci andati a combattere in Siria o Iraq sono 160. Oltre il 90% ha aderito allo Stato islamico e vivono a Raqqa o Aleppo. Trenta sono morti ed una trentina è rientrata in patria” dichiara a ilGiornale.it, Dubravko Campara, il procuratore che sostiene l’accusa contro Bosnic.

Oltre all’estremismo salafita la Bosnia è infiltrata da una possente penetrazione araba e turca. Nell’ambasciata di Ankara c’è addirittura un consigliere religioso e non mancano i nuovi minareti pagati dai turchi. Mai come i sauditi, che hanno finanziato a Sarajevo la più grande moschea dei Balcani dedicata allo scomparso re Fahd. Per filmarla avremmo bisogno di un permesso dell’ambasciata saudita. Quasi tutti dai guardiani, ai venditori all’ingresso portano il barbone lungo ed i baffi rasati tipico dei salafiti. La moschea è un centro wahabita, i duri e puri dell’Islam del regno del Golfo. Sulle bancarelle vendono il velo per le donne, copie del Corano, ma espongono pure con orgoglio la bandiera verde con la scimitarra dell’Arabia Saudita.

A Sarajevo gli sceicchi di Riad hanno investito nel più grande centro commerciale, Al Shiddi, aperto un anno fa. La pubblicità è di taglio occidentale, ma all’interno non si vende alcol.

Ad Ilidza, sobborgo della capitale, i ricconi del Golfo si sono comprati una collina con una trentina di villette bianche della società Ard Al Jazeera. Si fanno vedere ogni tanto con le donne velate di nero dalla testa ai piedi, che parlano solo arabo. I ristoranti si sono adeguati con i menù nella lingua del Golfo.

Per gli arabi la Bosnia è un punto d’ingresso dell’Europa nel cuore dei Balcani. Non a caso negli ultimi due anni i kuwaitiani hanno aperto 200 società a Sarajevo e dintorni.

In Bosnia vivono anche 430mila cattolici, che attendono con gioia la visita del Papa fissata il 6 giugno. “Francesco vuole portare a Sarajevo un messaggio di pace, ecumenico e viene per non dimenticare noi cattolici, che siamo una minoranza” spiega il cardinale Vinko Puljic al Giornale.it. E senza peli sulla lingua lancia un j’accuse: “Ci sentiamo dimenticati da parte dell’Europa, non solo in Bosnia, ma in Nigeria, Pakistan o India. L’Europa non grida, non alza la voce più di tanto se ci sono di mezzo i cristiani”.

www.gliocchidellaguerra.it

[continua]

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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