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26 novembre 2015 - Prima - Siria - Il Giornale
Il Cremlino: “No alla guerra” Ma schiera batterie di missili
Mosca e Ankara non vogliono sprofondare nell'abisso di una guerra per la Siria, ma il Cremlino ha ordinato l'impiego di missili, incrociatori e la «distruzione di qualsiasi minaccia» agli aerei russi. La Russia ha pure annunciato rappresaglie economiche, commerciali ed energetiche per l'abbattimento del suo caccia bombardiere da parte degli intercettori F 16 turchi. «È stato un atto criminale», ha sentenziato il primo ministro russo Dmitri Medvedev. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non fa marcia indietro giustificando l'abbattimento in nome della «difesa della sovranità nazionale».L'escalation militare di Mosca punta a creare una vera e propria «zona di non volo» attorno a Latakia e alla base aerea russa in Siria a pochi chilometri dal confine turco. Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato l'invio delle batterie missilistiche antiaeree S 400 per difendere l'aeroporto militare di Khmeimim, da dove partono i raid di Mosca contro le postazioni dei ribelli estremisti in Siria. Tutti i bombardieri russi saranno scortati da una coppia di caccia, che hanno l'ordine di abbattere qualsiasi velivolo, a cominciare da quelli turchi, che rappresenti una minaccia. L'incrociatore Moskva si è avvicinato alla costa siriana per garantire altrettanta copertura con i suoi missili a lunga gittata sopra la base navale di Tartus, Latakia e le installazioni militari russe in Siria. Il navigatore del Sukhoi 24 abbattuto dai turchi con l'accusa di aver violato il loro spazio aereo per 17 secondi è stato tratto in salvo dai corpi speciali russi e dalle truppe siriane dopo essersi paracadutato. Il capitano Konstantin Murajtin ha escluso di aver violato lo spazio aereo turco «neanche per un secondo». E aggiunto di «non aver ricevuto alcun avvertimento né via radio, né visivo». I militari di Ankara hanno reso noto l'audio del messaggio inviato da una stazione radar a terra che intimava al Sukhoi di «cambiare immediatamente rotta. Vi state avvicinando allo spazio aereo turco». L'ufficiale di 39 anni ha dichiarato di voler tornare a volare il prima possibile: «Devo pagare un debito per il mio capitano», il pilota che si è paracadutato, ma è stato ucciso dai ribelli.Il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, ha dichiarato che la Russia «non vuole entrare in guerra con la Turchia», ma che «rivaluterà seriamente» le relazioni con Ankara dopo l'abbattimento definito «una provocazione pianificata». Putin ha accusato il potere turco di voler islamizzare il Paese. E 500 manifestanti hanno lanciato uova e sassi contro l'ambasciata di Ankara a Mosca.Il premier turco, Ahmet Davutoglu, ha gettato acqua sul fuoco assicurando che non vuole alimentare tensioni con la Russia «Paese amico e vicino». I ministri degli Esteri di Ankara e Mosca dovrebbero incontrarsi a Belgrado per la riunione del 3-4 dicembre dell'Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa. E da Parigi l'ambasciatore russo, Alexander Orlov, ha lanciato un contropiede diplomatico dichiarando che Mosca è «pronta a creare un centro di comando congiunto con Francia, Stati Uniti e altri Paesi per coordinare i bombardamenti contro lo Stato islamico in Siria» compresa la Turchia.In realtà i russi meditano vendetta. La collaborazione militare con Ankara è stata immediatamente sospesa e si sta valutando se ritirare l'ambasciatore. Le rappresaglie riguarderanno l'esclusione delle società turche da ampie fette di mercato in Russia e la probabile sospensione della costruzione della prima centrale nucleare turca, che vale 20 miliardi di dollari. Mosca sta studiando anche di tagliare le forniture energetiche e la partecipazione al progetto del gasdotto Turkish stream. Lo scorso anno i turchi hanno importato dalla Russia il 54% del gas. Pure il settore turistico subirà ritorsioni: i cittadini russi sono stati invitati dal governo a non fare viaggi in Turchia.

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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23 gennaio 2014 | Televisione Svizzera Italiana | reportage
I cristiani combattono
I cristiani in Siria vivono fra due fuochi e iniziano a difendersi, armi in pugno. 

Queste sono le giovani reclute del Sutoro, una milizia cristiana nel nord del paese travolto dalla guerra civile. Le immagini sono state girate dagli stessi miliziani.

I cristiani siriaci combattono al fianco dei curdi contro gli estremisti islamici di Al Qaida.

Il nome Sutoro deriva da un’antica preghiera in aramaico, la lingua di Gesù Cristo.

Dall’Europa non partono per la Siria solo volontari della guerra santa islamica.

Ma pure giovani cristiani per proteggere le loro comunità minacciate di estinzione. 
Come raccontano i rappresentanti della diaspora cristiana nel vecchio continente.

Da Locarno è partito per la Siria Johann Cosar, un ex sergente dell’esercito elvetico. 
Ufficialmente per documentare le sofferenze dei cristiani, ma in realtà ha dato una mano ad addestrare la milizia del Sutoro.
Dei volontari cristiani in Siria, giunti dall'Europa, parla il rappresentante del Centro culturale mesopotamico di Locarno

Sait il padre di Johan Cosar, il giovane di Locarno partito per la Siria, è un cittadino svizzero ed esponente di spicco del Partito che ha fondato la milizia cristiana. 

I servizi segreti di Damasco lo hanno arrestato lo scorso agosto.

La famiglia non parla con la stampa ma a Berna il Dipartimento federale degli Esteri è informato del caso.

Il governo siriano sostiene che Sait Cosar sia morto per infarto. 

Duecentomila cristiani sono già fuggiti dalla guerra civile. 
I loro rappresentanti, assieme ai curdi, avevano chiesto all’Onu di partecipare a Ginevra 2, senza ottenere risposta.
Nel futuro della Siria, per i cristiani, è in gioco la sopravvivenza.

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08 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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radio

02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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