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Reportage
13 marzo 2023 - Attualità - Ucraina - Il Giornale
“Noi, come fantasmi all’assalto delle trincee russe”
• «Ero a un metro da un soldato russo durante una battaglia durissima. La mia arma si è inceppata, ma Flash, il legionario francese accanto a me, gli ha sparato un colpo di pistola. Mi ha salvato la pelle» racconta con l’accento sardo, Alessio, 43 anni, veterano della guerra in Ucraina dall’inizio dell’invasione.
Il volontario italiano della Legione internazionale fa parte del «Ghost team» un’unità speciale composta da stranieri, quasi tutti ex soldati di eserciti Nato.
«Il nome deriva dal fatto che operiamo come fantasmi. Quando andiamo in ricognizione oltre le linee ucraine o all’assalto delle trincee russe non ci devono vedere. Altrimenti sono caz...», sottolinea Alessio che si appoggia a delle stampelle. La quarta ferita, lieve, ad una gamba, dopo la scheggia che lo scorso anno gli è entrata nel petto. Non possiamo rivelare dove ci vengono a prendere, a ridosso del fronte del Donbass. E per raggiungere la casa sicura, che cambiano spesso, dobbiamo incappucciarci così non vediamo il tragitto.
La squadra fantasma combatte spesso contro i paracadutisti e gli Spetsnaz, le unità di élite russe. Uno degli scontri più duri «è durato sette ore - spiega Alessio - Il momento drammatico è quando un carro armato, arrivato troppo vicino, ci cannoneggiava. Alla fine lo abbiamo catturato intatto vincendo la battaglia». La base in mezzo al nulla è una casupola trasformato in bivacco: brande da campo, sacchi a pelo, disegni di operazioni sui muri, armi, munizioni dappertutto e un kalashnikov nero, «trofeo strappato ai russi». Nell’ultimo anno la squadra fantasma ha compiuto un centinaio di missioni. Nel team, oltre ad Alessio, un americano, un inglese, un francese, un ceco, un ceceno e altri. Un pugno di uomini comandati da un polacco. È la prima volta che accettano dei giornalisti.
Il combattente sardo ricorda che «nella Legione c’era anche Benjamin Galli ucciso da una scheggia alla testa», giovane italiano caduto in battaglia sei mesi fa. «Ottima persona e soldato - ricorda Alessio - Suo padre mi chiama quasi ogni sera per augurarmi la buona notte». I video delle missioni sono da paura. Il caccia russo che bombarda provocando un globo di fuoco da dove erutta una gigantesca colonna di fumo nero.
Il sibilo della granata che esplode con impressionante fragore metallico a pochi metri. E subito dopo un diluvio di raffiche nella foresta con gli alberi utilizzati come copertura sbriciolati dai proiettili. Flash è il nome in codice del volontario francese, che giocherella con una bomba a mano: «Questo è l’ultimo regalo se i russi provassero a catturarmi. Non mi faccio prendere vivo».
Nel paesaggio post atomico di un cantiere abbandonato i fantasmi si addestrano per la prossima missione. Poco distante tuona l’artiglieria. Il giovane ceceno con il simbolo del lupo dei ribelli del Caucaso sulla giubba spara sventagliate con la mitragliatrice pesante come Rambo. L’inglese, che ha operato in Irak, ha un fucile mitragliatore silenziato e l’americano usa come maschera, per non farsi riconoscere, il teschio bianco disegnato su sfondo nero. «In missione uno della mia squadra è incappato in una mina a strappo- racconta l’ex militare Usa - Per liberarlo ho spezzato il filo di innesco con i denti».
Un giovane ragazzo della repubblica Ceca racconta, in mezzo ai ruderi di un albergo: «Quando senti fss..., il fischio della granata vuol dire che può esplodere a venti metri di distanza. Ma è quando non senti nulla che ti piomba addosso. E il tiro dell’artiglieria qui davanti era continuo». Un boato sordo di un colpo in partenza di una batteria ucraina chiude la bocca a tutti per un attimo.
Dai corpi dei caduti russi prendono documenti e cellulari che consegnano all’intelligence. «Se troviamo lettere o foto dei loro cari, delle fidanzate le lasciamo nella giubba, per rispetto» spiega Alessio.
Il nome di battaglia del comandante polacco è Ghost, fantasma. Sotto la scorza da duro che confessa di avere un’aspettativa di vita di «4 giorni» c’è il veterano con la guerra dentro. «Abbiamo catturato un infiltrato russo che dava le coordinate degli obiettivi all’artiglieria - racconta - Mi urlava “ti odio, vi uccideremo tutti». In un villaggio semi diroccato si è fermato con il prigioniero all’unico negozietto ancora in piedi.
«Conoscevo il proprietario e sua figlia, che come tutti i bambini era sempre all’aperto a giocare» ricorda Ghost.
L’artiglieria russa ha aperto il fuoco e la ragazzina viene spappolata da una granata. «Il russo lo aveva detto poco prima che sarebbe morta anche lei e adesso rideva - ricorda Ghost - Puoi immaginare? Avrei voluto ucciderlo, ma non potevo perché aveva informazioni preziose e l’ordine era portarlo vivo al comando».
[continua]

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