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Reportage
28 febbraio 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale
Crimea, prove generali di secessione
«Gloria alla Rus­sia », gridano i miliziani della Crimea marciando compatti verso il Parlamento della Re­pubblica autonoma occupato da uomini armati. E per la pri­ma volta si sentono slogan «Pu­tin, Putin», che inneggiano allo zar del Cremlino. A Simferopo­li, capitale della Crimea, i filo russi mettono in scena le prove generali della secessione, che ri­schia di sfociare in guerra civi­le.
Ieri verso le 5 del mattino un commando di uomini armati occupa il parlamento ed il pa­lazzo del governo poco distan­te. E subito issano la bandiera russa. «Li ho visti arrivare a bor­do di due camion. Mascherati, vestiti di nero con gli anfibi, pi­stole e fucili di precisione, ben equipaggiati», racconta Mikail Azanov. Striscia di stoffa nera e gialla sul petto, i colori di San Giorgio, simbolo dei filorussi, vede come fumo negli occhi i ri­voluzionari al potere a Kiev. Do­po aver occupato il Parlamento il commando ha fatto arrivare un autobus carico di sacchi pie­ni d­i armi e probabilmente mu­nizioni. «Parlano russo e han­no occupato il Parlamento per far decidere al popolo della Crimea in che Paese vuole vive­re e con quali leggi», sostiene Azanov. Il commando è compo­sto da u­na cinquantina di uomi­ni ben addestrati,
 ma potrebbe­ro essere anche il doppio.
Poche ore dopo i filorussi arri­vano a dar man forte ai separati­sti armati. I cordoni della poli­zia che presidiano la zona ven­gono sfondati come il burro. Da Sebastopoli arrivano a passo di marcia, inquadrati militarmen­te, i miliziani di «Samooboro­na » accolti da hurrà. Molti sono in mimetica e con i caschi. Solo nella città portuale, sede della base navale della flotta russa del Mar Nero, i volontari del­l’autodifesa sarebbero già tre­mila.
Il Parlamento è circondato da barricate con sedie e pezzi di legno dove spicca un cartello con una scritta in rosso: «Crimea è Russia». La piazza si ingrossa e non mancano ex pa­rà dal basco azzurro o le bandie­re della flotta sovietica con la stella rossa e la falce e martello. Lungo le strade della Crimea, da Sebastopoli a Yalta, sono spuntati come funghi posti di blocco con miliziani in tenutamilitare e ben organizzati. Non mancano le segnalazioni di mo­vimenti dei blindati russi delle basi sul Mar Nero.
I tartari decimati da Stalin nel 1944 e fedeli al governo rivolu­zionario di Kiev non si fanno ve­dere. Il giorno prima avevano messo in fuga i filorussi davanti al parlamento. Refat Chuba­rov, il loro leader, dichiara: «Hanno appiccato il fuoco pri­ma a Sebastopoli e adesso nella capitale, così tutta la Crimea brucerà».
Nel pomeriggio arriva davan­ti al Parlamento un’enorme bandiera russa, che fa da vola­no ad un corteo diretto sul mu­nicipio. La polizia si scioglie di nuovo ed oramai presidia il cen­tr­o in collaborazione con i mili­ziani
 di Samooborona. Il cor­teo inneggia alla Russia, a Putin ed ai Berkut, il corpo speciale del ministero dell’Interno sciol­to dal nuovo governo di Kiev. In Crimea sono passati armi e ba­gagli con i controrivoluzionari, che vogliono unirsi a Mosca. Davanti al municipio i manife­stanti ammainano la bandiera ucraina ed issano quella russa nel tripudio generale.
Il Parlamento, nelle mani del
 commando, si riunisce per silu­rare il governo locale ed indire, con 55 voti su 64, un referen­dum che sarà l’anticamera del­la secessione. E si terrà il 25 mag­gio, lo stesso giorno delle presi­denziali volute dai rivoluziona­ri.
All’esterno la folla esulta quando viene letto un decreto, probabilmente finto, del presi­dente deposto Viktor Yanukovi­ch, che ha ottenuto la protezio­ne di Mosca e si schiera con la Crimea.L’ordine è che Sebasto­poli diventi il quartier generale delle forze armate della riscos­sa. La gente in coro risponde: «Hurrà». 

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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
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